mercoledì 10 dicembre 2008

Il 10 dicembre 1948, fu firmata a Parigi la Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo. La sua redazione era stata promossa dalle Nazioni Unite, instituite solo tre anni prima, perché avesse applicazione in tutti gli stati membri. Sull'onda delle atrocità manifeste della seconda guerra mondiale, il mondo civile si mobilitava ristabilendo le basi da cui ripartire.

Passare dalle parole ai parole ai fatti è difficile, la storia degli ultimi sessant'anni ne è triste testimonianza. Se non avete mai letto il documento, potete farlo adesso. LEXCIVILIS non può esimersi dal presentarlo integralmente, come offerta ai suoi lettori.



DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona

umana, nell'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

L'ASSEMBLEA GENERALE
proclama

la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del


paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 6
Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7
Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8

Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10
Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11
1. Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.
2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14
1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15
1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16
1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.
2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17

1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
2. Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

Articolo 21
1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
3. La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate

a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22
Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23
1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24
Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25

1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26
1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27
1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28
Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29
1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
2. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30
Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.


A questo proposito non posso evitare di riportare le parole odierne di Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International: "Il pregio della Dichiarazione è costituito dall'universalità e dall'indivisibilità. I diritti umani sono universali: ogni persona nasce libera ed eguale in dignità e diritti. I diritti umani sono indivisibili: tutti i diritti, economici, sociali, civili, politici e culturali, sono parimenti importanti, senza alcuna gerarchia" - ha proseguito Irene Khan. "Nonostante i progressi degli ultimi decenni in molte aree, l'ingiustizia, la disuguaglianza e l'impunità persistono in troppe zone del mondo. Il vero problema è che i governi fanno promesse e adottano leggi ma mancano di darvi seguito.".
Ecco perché penso ancora oggi che non sia possibile sottrarsi dall'impegno civile.

domenica 7 dicembre 2008

La commissione di vigilanza sulla RAI

Il tredici novembre 2008, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nota come Commissione di Vigilanza sulla RAI, ha eletto il suo presidente.
La nomina, come spesso avviene, ha chiuso un’estenuante polemica, solo per dare il via ad un’altra, probabilmente ancora più lunga. La prima controversia si trascinava da giugno e riguardava il rifiuto della maggioranza di eleggere un candidato del partito Italia dei Valori, Leoluca Orlando. Si è trattato di un autentico veto politico, messo dal Presidente del Consiglio, ad un candidato espressione del partito di quello che lui ritiene un nemico, più che un avversario, Antonio Di Pietro. Per oltre cinque mesi la carta stampata, i telegiornali e le trasmissioni d’approfondimento politico, ci ha appassionato con questo gran problema, con cui tutto il paese doveva fare i conti. Da qui la soluzione, devo dire poco apprezzabile ma originale, di eleggere a colpi di maggioranza il senatore Roberto Villari, sempre dell’opposizione, ma diverso da quello indicato. Chiusa male la questione originaria, si è aperta quindi la polemica sulle dimissioni del nuovo presidente, pretese dal suo stesso partito e non concesse dall’interessato.
Roberto Villari si sarà chiesto come mai avrebbe dovuto essere l’unico a dover pagare di tasca propria, per una questione di coerenza a principi di prassi politica, in un partito che colleziona contraddizioni ben maggiori. Il docente universitario di malattie infettive, medico, deputato nelle ultime due legislature ed oggi senatore, appartenente a ben due commissioni parlamentari, ha scelto di non dimettersi anche quando si è trovata l’intesa per il nome di Sergio Zavoli. È stato invitato alle dimissioni nientedimeno che dai presidenti della Camera e del Senato, oltre che dallo stesso Berlusconi. Villari ha detto, a proposito dell’incarico di presidenza, che «mi è stato affidato con il voto di parlamentari che hanno svolto legittimamente la loro funzione. E so che il valore delle Istituzioni precede il peso delle segreterie». Fin qui la storia delle due polemiche. Ora però, parliamo di cose serie ed analizziamo i fatti da un punto di vista più logico.

È importante capire bene cosa sia esattamente questa commissione ed a che cosa serva. Per questo riassumo quanto compare nella pagina web introduttiva dell’organo istituzionale.
Alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, spettano funzioni d’indirizzo rispetto alla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. L’organismo, di natura definito come Commissione parlamentare bicamerale, deve anche vigilare sull'attuazione di tale indirizzo. La Commissione esercita competenze in materia d’accesso al mezzo radiotelevisivo, da parte d’organismi collettivi portatori d’interessi socialmente rilevanti, attraverso un'apposita Sottocommissione. Le competenze della Commissione prevedono anche funzioni in materia di comunicazione politica e di parità d’accesso ai mezzi d’informazione, sia durante le campagne elettorali e referendarie, sia nei periodi non coincidenti con queste. La nomina del presidente della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a diviene efficace solo dopo il parere della Commissione, espresso a maggioranza dei due terzi. La Commissione elegge sette membri del consiglio d'amministrazione della suddetta azienda. La Commissione è composta di quaranta membri designati pariteticamente dai Presidenti delle due Camere del Parlamento, tra i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, sulla base delle designazioni effettuate dagli stessi ed in maniera proporzionale. Essa procede alla propria costituzione, eleggendo tra i suoi elementi il proprio presidente, due vicepresidenti e due segretari. È rinnovata totalmente all'inizio d’ogni legislatura. Oltre alle citate competenze in materia di comunicazione politica e di parità d’accesso ai mezzi d’informazione (che comportano la gestione diretta delle trasmissioni della RAI denominate Tribune), la Commissione esprime un parere sul Contratto di servizio triennale stipulato tra il Ministero delle comunicazioni e la RAI, un parere sulle modifiche dello statuto della RAI, ed è dotata d’alcune competenze di minor rilievo concernenti la concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico. Redige inoltre una Relazione annuale alle Camere, concernente la propria attività. Più in generale, la Commissione può rivolgere alla RAI atti d’indirizzo di carattere generale sui criteri ed i contenuti della programmazione radiotelevisiva, che tengano conto dell'autonomia dei giornalisti e responsabili dell'azienda nell'esercizio del diritto di cronaca e della libertà di manifestazione del pensiero. La rappresentanza, all'interno della Commissione, di tutti i gruppi parlamentari concorre ad assicurare il rispetto del principio del pluralismo nella programmazione. La vigilanza è quindi esercitata anche in relazione a casi specifici, ma tenendo conto dell'esigenza di valutare l'insieme della programmazione.
Lo Stato, azionista della RAI, attraverso la Commissione detta quindi gli indirizzi generali della programmazione televisiva e radiofonica, vigilando sul loro rispetto. La libertà di cronaca e di espressione sarebbero garantite dal carattere generale degli indirizzi stessi e dalla composizione dell’organo, rispecchiante gli equilibri parlamentari, in maniera proporzionale. Solo che per fare questo si mette all’opera ben quaranta parlamentari e si stanziano nel 2008 settantamila euro: quindicimila per missioni, quindicimila per rappresentanza, venticinquemila per consulenze, e quindicimila per altro. Ad onor del vero, nel 2007, pur avendo una previsione di spesa pari a circa centrotrentacinquemila euro, la commissione sembra aver sostenuto costi per circa sedicimila euro. Sotto la giovane direzione di Villari, la commissione ha eletto i vicepresidenti ed i segretari, emanato una delibera di regolazione dell’informazione sulle elezioni regionali in Abruzzo e fatto una prima audizione dei vertici della RAI. Molti hanno detto in questi giorni che la commissione sarebbe, di fatto, un organismo inutile che dovrebbe essere soppresso. Tuttavia le motivazioni alla base della sua istituzione sono certamente valide, ed essa potrebbe veramente svolgere un controllo di natura parlamentare. Questa cosa, proprio con Villari, sembra almeno garantita. Il neopresidente a questo punto ha veramente la possibilità di svolgere con grand’autonomia, il ruolo di garanzia che impersona.

Roberto Villari su cui si sono riversate le ire dei Democratici e gli inascoltati appelli della destra, è uomo che partecipa alla vita parlamentare, o tira a campare come molti dei suoi colleghi? Per capire questo, guardiamo alla scheda personale del senatore in questa XVI legislatura. Sette mozioni di cui una come primo firmatario, undici interrogazioni sempre come tale, sei come cofirmatario, un’interpellanza, oltre alla firma su due richieste d’istituzione di nuove commissioni. C’è quanto basta a definirlo come un parlamentare tra i più attivi. Molto più attivo in parlamento almeno di Massimo D’Alema, di Piero Fassino, di Leoluca Orlando, di Sergio Zavoli, di Paolo Gentiloni, d’Enrico Letta, di Dario Franceschini, stando alle mozioni ed interpellanze fatte ed ai disegni di legge presentati come primo firmatario. Entrando nel merito, Villari ha affrontato in parlamento questioni riguardanti la costituzione di una borsa del gas, la sperimentazione d’energie pulite in Formula Uno, la liberalizzazione del mercato del gas, la pulizia dei treni italiani, la tutela dei piccoli azionisti e l’italianità d’Alitalia. Ha presentato come primo firmatario disegni di legge sulle isole minori, sulle reti di trasporto del gas, per l’istituzione di un osservatorio dei porti turistici e della nautica, sulla partecipazione pubblica e la governance dell’innovazione. È vero che la vita parlamentare, soprattutto in queste ultime due legislature, in cui la Repubblica «assomiglia straordinariamente», per dirla con le parole di Paolo Guzzanti, «alla corte d’Enrico VIII», l’ordine della firma sugli atti ed il numero degli stessi, potrebbe essere il riflesso delle decisioni dei gruppi e quindi delle segreterie politiche. Tuttavia, anche parlamentari scelti ed investiti direttamente dai partiti, possono evidentemente esprimere una loro forte autonomia e vitalità. Se così fosse, e Villari non si fosse mosso solamente per la difesa di una poltrona inaspettatamente capitatagli sotto alle terga, potremo capirlo da cosa egli saprà fare in quel posto. Siamo sicuri che la presenza dei politici in RAI non vada oltre alle quote corrette? Siamo certi che siano equamente rappresentati tutti gli organismi collettivi portatori d’interessi socialmente rilevanti? Infine, nella dovuta Relazione annuale alle Camere, concernente la propria attività, la commissione è sempre stata chiara sulla propria utilità e sui fini raggiunti?


A differenza di tanti concittadini e commentatori, che intervenendo a trasmissioni radiofoniche, mostravano indignazione per questo comportamento, io non riesco a scandalizzarmi, posto che ritengo la questione sicuramente poco rilevante, rispetto ai problemi per i quali ci si dovrebbe veramente scaldare. Voglio proprio vedere, con sincera e del tutto naturale curiosità, cosa vorrà e potrà fare questo senatore, sfuggito al controllo delle oligarchie politiche. Saprà farci vedere qualche cosa di nuovo? Se avrà la pazienza di leggere questo mio post, che gli invierò all’email del senato, spero vorrà accogliere positivamente l’invito a rispondere a questi interrogativi. Senatore Villari, se lo desidera e lo ritiene utile, le metto a disposizione uno dei prossimi post, per annunciarci che linea vuole dare alla sua presidenza della commissione. Da cittadino, nutro sempre la speranza di vedere una sincera partecipazione all’interno delle istituzioni. Sarei ben lieto, una volta verificatola anche nelle sue intenzioni, di pubblicare aggiornamenti periodici su quanto i lavori dell’organismo da lei presieduto, potranno far emergere a favore della nostra democrazia.

domenica 16 novembre 2008

L’importanza di CHIAMARSI Democratico

“L’importanza di ESSERE Democratico”, si dovrebbe dire, giocando sul titolo della famosa commedia di Oscar Wilde: “The importanze to be Ernest”. Il titolo inglese, infatti, fa leva sul termine “earnest”, che significa affidabile ed onesto, e si pronuncia esattamente come il nome del protagonista. La traduzione del doppio senso, nel titolo italiano, è impossibile. Ci si accontenta di alternare la versione “L’importanza di chiamarsi Ernesto”, a “L’importanza di essere Onesto”, per restituire il senso dell’originario gioco di parole. La splendida vittoria di Barack Obama, alle Presidenziali degli Stati Uniti d’America, è piena di significati, tutti splendidamente riassunti nel suo discorso di Chicago. Il futuro Presidente della nazione più ricca e potente del mondo, è al tempo stesso un uomo di colore, figlio di un africano musulmano del Kenya, ed ha cominciato ad interessarsi di politica da meno di dieci anni. Prima di questo, il giovane Obama ha lavorato come assistente sociale, ha conseguito una laurea in Legge a Harvard nel 1991, a 30 anni, ed ha lavorato come avvocato per i diritti civili, ed insegnante di diritto costituzionale. La sua breve carriera politica, lo ha visto mettersi in gioco, per ben due legislature, come senatore dell’Illinois, vincendo sempre la sfida del voto, con la forza delle proprie idee, sorretto dalla sua gran preparazione e competenza. Barac Obama si chiama Democratico e Barack Obama è Democratico. La forza delle sue idee, ed il coraggio di conquistare, competitivamente, il consenso per i suoi programmi, senza partire sempre e comunque dal comodo sostegno di un partito alle spalle, lo qualificano veramente come tale. Barack Obama ha piuttosto davanti a sé, un futuro in cui sarà lui stesso ad occuparsi del suo partito e della sua Nazione. Il gioco della vera democrazia, evidentemente molto ben praticato in America, lo ha fatto emergere, attraverso una sorta di selezione naturale, applicata alle idee, ai programmi ed alla politica. La prima, splendida vittoria, contro la potente Hillary Clinton, ha dato a tutti la misura di quanto, in un sistema aperto, le idee migliori possano contagiare le masse e restituire vitalità al termine Democrazia, così ben spiegato già da Aristotele.

Il pensiero e la memoria, corrono alle meno famose primarie che hanno incoronato Walter Veltroni. A noi Italiani, potrebbe venir naturale fare un confronto con il leader americano, dell’omonimo partito. Il paragone è tanto naturale, quanto del tutto semantico o, per meglio dire, puramente letterale. Il Partito Democratico di casa nostra, è effettivamente tale o semplicemente, si chiama, nello stesso modo di quello del futuro Presidente degli Stati Uniti d’America ? In Italia non si è visto un metodo che permettesse di formare, in modo democratico, le gerarchie di questo partito. Ci si ricorda invece di comitati di saggi, ristrutturazioni di vecchie gerarchie, candidature non accettate, l’assenza di un vero processo di costruzione dal basso. In quei giorni, pensai, forse con qualche presunzione di troppo, ma senza fare nulla di male: “perché io no ?”. Perché, pur attirati dal nome di questo nuovo partito, molti italiani della classe media, come il Barack americano, non hanno avuto una minima possibilità, di mettere in campo la forza delle loro idee, e della loro competenza ? La risposta è chiara: per lasciare lo spazio a Walter Veltroni, Rosy Bindi ed Enrico Letta mischiati ad uno sparuto gruppo di outsider, facilmente sconfitti. La Casta, come abilmente i giornalisti Rizzo e Stella, hanno definito i nostro oligarchi del Palazzo, non ha nessuna voglia di mettere veramente a rischio i propri privilegi, giocando ad essere veramente Democratici. Molto meglio dirsi tali, e tirare avanti. Dall’altro lato dello schieramento politico, di democratico, neppure il nome. Si direbbe che in Italia avremmo bisogno tutti, sul serio, almeno di un partito democratico. Tuttavia, questo bel privilegio, non c’è concesso, come a dire: “Non si può fare !”.

Termino qui il commento, ed inizio a parlare di proposte. “L’uomo è per natura un animale politico”, diceva Aristotele, all’inizio di una lunga sequela di saggisti e storici che, attraverso Cicerone, Machiavelli, Hobbes, Montesquieu e Marx, giunge oggi, a Giovanni Sartori. Decisamente siamo tutti d’accordo, almeno sulla prima parte. Allo stesso modo, sembra facile intendersi tra persone diverse, sul significato generale del termine “politica”. Potremmo dire, ripercorrendo le definizioni che hanno attraversato la storia, che essa è qualche cosa di non troppo diverso da:
1. l’arte di governare la società;
2. l’amministrazione della cosa pubblica per il bene collettivo;
3. la sede delle decisioni legittime all’interno di una società;
4. l’espressione di un contratto sociale che innalza lo Stato sopra di tutti, a garanzia di ciascuno;
5. la sfera delle decisioni collettive sovrane;
6. altro ancora.

Chi è il politico? Scartando la risposta: “è colui che esercita la politica”, troppo banale, cerchiamo di capire chi, generalmente, si può definire tale. In Italia, ma forse ancora più in generale, nel vecchio mondo, i politici, sono spesso persone che si occupano, in modo continuo ed esclusivo, di politica. Qui da noi sembra proprio che l’esempio di Lucius Quinctius Cincinnatus (500 a.C. circa), conosciuto come Cincinnato, continui ad essere poco seguito. Al contrario, capita quasi sempre che molte persone trovino un comodo e, tutto sommato, agevole modo di cavarsela, specializzandosi nel mestiere di politico. La carriera è riassunta dal percorso quasi naturale che fanno molti assessori comunali che, passando per le Province, si assestano comodamente negli scranni delle regioni, per poi, nei casi più fortunati, insediarsi bene nelle due capienti camere del parlamento italiano. La scalata del potere, quindi, avviene quasi sempre per gradi, e si fa molto più agevolmente, se legati in cordata. Chi è sopra, tira, e chi è sotto, spinge. La ripida parete della politica, in quest’immagine presa a prestito dall’alpinismo, è piena di comode sporgenze, dove riprendere fiato, ed attendere agiatamente il proprio turno di salita. Qualche esempio di questi balconi naturali? Un posto di consigliere, o la direzione di una delle molte Aziende pubbliche, i vertici di una banca, un prestigioso incarico in una delle tante Authority, o la partecipazione ad un’importante commissione. La fantasia non ha limiti, in questo gioco solidale di reciproco sostegno, che i professionisti della politica mettono in campo, continuamente. La cosa si è così sviluppata, che alla fine, quella del politico, è diventata una vera professione. A differenza delle altre, però, sembra avere nella sua conservazione, l’unico vero scopo, ed il solo indice di successo.

Propongo, a chi lo voglia fare, un piccolo, innocente, esperimento. Chiedete prima a voi stessi, e poi a qualche amico, il nome dei politici attuali più in gamba, della sinistra e della destra. Senza parlare di Berlusconi, una statistica casereccia, fatta tra conoscenti, mi ha invariabilmente proposto i nomi di D’Alema, Veltroni, Fini, La Russa e Casini. A questo punto ho chiesto cosa fosse cambiato in meglio nella vita degli Italiani, ed in quella degli interpellati, grazie al lavoro di queste persone. Ho chiesto anche a quali importanti risultati pubblici, quei signori dovessero la loro popolarità. Qui le risposte praticamente si fermano. Tutti ragionano e cercano di capire se la burocrazia sia diminuita, la legalità aumentata, l’efficienza della cosa pubblica incrementata, l’istruzione migliorata o gli sprechi calati, a causa dell'azione diretta di questi signori. In realtà i campioni della destra e della sinistra nostrana, sono primi, principalmente, per la loro predominante presenza nell’agone politico, potenti paladini di ideali lontani, dissimulati artefici dei loro stessi interessi. Indice del loro successo è la successione delle cariche ricoperte, non l’elenco delle cose utili e lodevoli per le quali la società tutta, deve rendergli grazie. L'esperimento dimostra che, in Italia, il politico non è considerato bravo, se fa cose buone per la collettività, ma se resta al suo posto a lungo, resistendo impavido negli anni.Prova ne è la faziosità seminata ad arte. I Signori della politica nostrana, sprovvisti di contenuti socialmente utili, debbono ideologizzare il confronto politico, ridurlo ad una continua contrapposizione ideologica, per nascondere la totale assenza di proposte concrete. Ogni posizione della parte avversa, è presa a pretesto per manifestazioni di piazza, si parla di "quelli di sinistra" come di "quelli di destra", si tirano fuori del cilindro improbabili e forse inutili "commissioni", per discutere di argomenti che, un serio tavolo di tecnici, risolverebbe in poche settimane. Di questi giorni, la furba trovata della bicamerale sul federalismo fiscale, con cui due di questi Oligoi, pensano forse di affossare il federalismo voluto dalla Lega nord. E' quasi comico pensare che politici così carenti di idee e di proposte concrete, possano veramente proporre qualche cosa di utile per gli Italiani. Il campo del loro agire è unicamente l'ideologia politica mentre, invece, se parliamo di federalismo, bisognerebbe dare voce ad amministratori capaci. La politica non serve ad alimentare estenuanti battaglie ideologiche, ma a cambiare in meglio, ogni giorno, le cose che riguardano la vita di tutti, ad operare le scelte per il futuro.Ecco che emerge con forza il bisogno di regole nuove, che permettano un continuo rimescolamento del mondo della politica, con la società civile. Bisogna portare al governo amministratori capaci, e non solo chi, privilegiato, si dimostri capace solamente di lodevoli guizzi ideologici. Purtroppo però, l'ascensore sociale, o meglio quello politico, non funziona bene da noi, come negli Stati Uniti.

Non voglio però che tutto questo sia letto semplicemente come l'accusa ai politici, di tenersi separati e sempre un poco sopra la società civile. L'accusa deve essere principalmente rivolta contro l'arrendevolezza degli Italiani. Siamo noi cittadini a restare in disparte, come spettatori. Continuiamo stupidamente ad indignarci per le parole di un Presidente o protestiamo a priori contro qualsiasi proposta venga dalla parte avversa, insomma, non facciamo niente più che un patetico tifo da stadio. Pavidi, ci sentiamo rassicurati dal senso d’appartenenza ad una fazione, dandoci pacche sulle spalle, mentre compatiamo quei poveri stupidi della parte avversa. Non a caso, questo popolo che pratica così poco lo sport, è anche un popolo d’appassionati tifosi: allo stesso modo, siamo faziosi, almeno quanto lenti all'impegno politico. Scendere in piazza, senza neppure sapere per che cosa si faccia, o sapendolo per grandi linee, ebbri prima di tutto della nostra idiota appartenenza ad un gregge, la dice lunga sulla nostra naturale pigrizia civile.

E' ora, invece, di rimboccarsi le maniche e ragionare su quale futuro vogliamo per i nostri figli. Cominciamo, ad esempio, ad introdurre la vera democrazia nei nostri partiti. Pretendiamo che internamente ad essi si creino dei forti e veri rimescolamenti che portino finalmente, la migliore società civile, a confrontarsi ad armi pari con l'oligarchia dei politici di mestiere. La classe media è fatta di persone serie nei fatti, non nei proclami, che vivono i valori sulla loro pelle, non sui manifesti elettorali, selezionate dalle prove della vita e nell'ambito dei loro mestieri, non nelle segreterie dei partiti. Gente che si è misurata con un sistema ancora largamente competitivo e che è capace di leggere da dentro i bisogni della società civile. Ne conosco molta di questa gente, sono uno di loro, completamente. Non credo che la coscienza di avere, umilmente, le capacità e la voglia di fare qualche cosa d’utile per il proprio paese, non per farne una professione, sia da lasciare senza risposta ancora per molto tempo.

mercoledì 8 ottobre 2008

REMEMBER PINOCCHIO ed il crollo delle Borse


"- Vuoi raddoppiare le tue monete d'oro?
- Cioè?
- Vuoi tu, di cinque miserabili zecchini, farne cento, mille, duemila?
- Magari! E la maniera?
- La maniera è facilissima. Invece di tornartene a casa tua, dovresti venire con noi.
- E dove mi volete condurre?
- Nel paese dei Barbagianni.

- I tuoi cinque zecchini, dall'oggi al domani sarebbero diventati duemila.

- Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c'è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d'oro. Poi ricuopri la buca con un po' di terra: l'annaffi con due secchie d'acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell'albero carico di tanti zecchini d'oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno.”


Storie d’altri tempi, racconti per bambini? La verità, è che tutta la saggezza che ci serviva, per non cadere con il posteriore per terra, era già racchiusa nella favole che ci incantavano da piccoli. Crescendo, solo in dimensioni ed in anni, questa saggezza è svanita. Pur essendo quasi tutti costretti a lavorare, con fatica, per portare a casa uno stipendio, a volte crediamo veramente che i soldi possano nascere, come per incanto, senza sforzo.

Le banche ed i promotori finanziari, moderni Gatto e Volpe, ci riportano nel paese del Barbagianni, dove, comprando un pacchetto azionario od un fondo bilanciato, ci aspettiamo di rinfrescarci presto sotto l’albero degli zecchini.


Da anni, rimango sconcertato guardando le principali edizioni dei telegiornali, principalmente per due aspetti: l’immancabile squallida vetrina bi-partisan delle opinioni dei politici, e la pagina della Borsa. Allora penso che ci sia veramente poco da fare, per un popolo che prima bruca quietamente la biada dei suoi mandriani, poi si trastulla con sogni di guadagni, tanto facili, quanto improbabili.


Pinocchio, lo dico per i pochi, spero, che non hanno riconosciuto il brano iniziale, ha impiegato l’intero tempo di una favola per imparare la lezione dell’impegno, della responsabilità e della fatica. Mi piace pensare che il Pinocchio della pagina finale, del libro di Carlo Lorenzini (alias Carlo Collodi), non si sarebbe lasciato incantare, da rischiose operazioni con i derivati, o dai titoli della Lehman Brothers.


Ma che cosa è questa tanto decantata Borsa ? A cosa dovrebbe servire ? La risposta è semplice: è un mercato, dove le imprese e gli stati, vendono strumenti finanziari, in cambio di soldi liquidi.


In pratica, per fare affari in maniera più competitiva e redditizia, le imprese devono crescere, aumentare o migliorare la produzione e l’efficienza, occupare nuove fette di mercato. Così facendo, ottengono dapprima i loro ricavi, e contrastano meglio la concorrenza. Queste azioni richiedono liquidità, ossia soldi pronti, da investire. La maggior parte dei settori produttivi, produce ricavi sufficienti a non andare troppo spesso in rosso per pagare i costi, come ad esempio gli stipendi, l’energia o le materie prime, per far fronte ad improvvisi aumenti od a ritardi dei pagamenti dei clienti.


A volte la liquidità è sufficiente per modesti interventi, ma impieghi di denaro più consistenti, potrebbero non essere possibili, facendo affidamento solo sulle proprie forze. Allora queste aziende vanno sul mercato, ossia in Borsa, e chiedono soldi liquidi a chi ne ha in abbondanza: gli investitori. Le famiglie, autentiche piccole fabbriche di risparmio, sono le vere fonti, alle quali le aziende chiedono la liquidità. In cambio, le aziende rilasceranno, dietro il controllo della Borsa, dei cosiddetti titoli.


I titoli sono di tanti tipi ma, sostanzialmente, possiamo parlare dei due principali: le azioni e le obbligazioni. Con le prime, gli investitori diventano proprietari di una piccola porzione dell’impresa che finanziano, con i secondi, fanno invece un prestito, definendo sostanzialmente già dall’inizio, la durata e l’interesse che guadagneranno. E’ evidente che l’investimento in aziende sane, che producono prodotti o servizi fortemente richiesti, potrà facilmente riflettersi in un aumento del loro valore. Questo significa un guadagno potenziale, per gli azionisti che volessero rivendere, e garantisce meglio il rimborso e maggiori interessi, agli obbligazionisti.


Fin qui tutto bene, se ci si limitasse a parlare di aziende che trasformano materie prime, in prodotti elaborati e richiesti. In questo caso infatti, l’ingegno e l’opera dell’impresa, sarebbero ben valutati dalla differenza tra il prezzo di vendita dei prodotti, ed i costi di produzione. Se il processo è innovativo ed efficiente, e la qualità del lavoro è alta, come pure la richiesta del prodotto, il guadagno misura bene, un processo di reale creazione del valore. L’opera e l’ingegno possono quindi, se ben indirizzati, creare praticamente sempre e solo ricchezza. La misura della moneta circolante, sarebbe quindi essa stessa, vera espressione di un valore reale.


In questo bel paradiso, sfido chiunque a non definirlo tale, si insinua però un avido e maligno serpente tentatore: la speculazione. Ci vuole poco a capire, che investendo prima da una parte, e poi da un’altra, si possono alterare i naturali equilibri di un mercato. Disponendo di abbondante liquidità, si possono far aumentare e diminuire i prezzi delle azioni, guadagnando da una compravendita avida, che nulla a più a che vedere, con lo scopo di finanziare le imprese, che il mercato, in origine, si era dato.


La Borsa, quindi, è diventata un mercato speculativo, per i più sprovveduti, un nuovo paese dei Barbagianni. La speculazione può certamente arricchire alcuni, ma non tutti. Per uno che guadagna speculando, ve ne deve essere almeno uno che perde. A volte la speculazione crea situazioni che si autoalimentano, come l’aumento delle giocate al Superenalotto, nei momenti in cui il jackpot è alle stelle. La corsa ad investire in modo affaristico, può andare avanti mesi od anni. In questo modo il valore delle azioni cresce ben oltre il valore reale che l’azienda interessata, rappresenta con i sui beni, la sua opera, ed il suo ingegno.


Basta un niente, che questa “bolla speculativa” può scoppiare, e riportare d’improvviso tutti, alla realtà dei fatti. Ed allora, cari investitori, sappiate che nei campi ci si può sempre andare, a seminare. Solo, rammentate Pinocchio, e se proprio avete il pollice verde, seminate patate, grano, zucchine o cavoli, non i zecchini che avete guadagnato con tanta fatica.


Una parola ora sui cosiddetti “mercati”, ossia le Borse. Dovrebbero essere moderati, ossia governati da regole e relativi controlli. E’ difficile distinguere la speculazione dall’investimento ma di certo è possibile, se si vuole, creare strumenti che favoriscano quest’ultimo a discapito della prima. Provate ad andare sul sito della Borsa Italiana, a cercare informazioni sui piani industriali, delle aziende quotate. Provate allora, a cercare un qualsiasi intermediario, che vi aiuti a scegliere un investimento, che finanzi concretamente un’attività produttiva. Ovunque troverete strumenti poco chiari, con rischi e nomi incomprensibili e possibili vantaggi molto ben evidenziati.


La speculazione, si è impadronita del mercato. Quel che è peggio, è che non si sente la voce di nessun governante, dire di voler riportare chiarezza e regole sul mercato: sono tutti troppo impegnati ad assistere i poveri banchieri, e chi si è scottato, solo perché si è lasciato irretire da prospettive da favola. Come al solito, la serietà non paga subito, in questo mondo, almeno.

domenica 28 settembre 2008

Finita l'estate, la sicurezza stradale non è più di moda

La sicurezza stradale mi sta molto a cuore anche perché, guidando per circa 50.000 chilometri l’anno, ne vedo di tutti i colori. Già in passato sono tornato sull’argomento con quattro post (LINK ai post sul tema).
Questo nuovo post serve ad illuminare lo scenario della reale attenzione che il mondo politico riserva al tema. Successivamente avrò modo di pubblicare dati di tipo quantitativo e qualitativo sugli incidenti, con l’obiettivo di dare elementi utili a farsi un’opinione sulla concretezza delle proposte che molti avanzano.

Mi sembra che vi siano alcuni punti fermi da chiarire, prima di dare un corretto giudizio da cittadini ed elettori, su chi parla di modifiche severe al Codice della Strada, solo in particolari momenti, ossia quanto l’attenzione mediatica è massima.

Ad agosto i telegiornali ci hanno mostrato un susseguirsi di ministri e di sottosegretari, tutti in prima linea con proposte a dir loro utili, per aumentare la sicurezza sulle strade. Il momento era quanto mai adatto, perché agosto è forse l’unico mese dell’anno in cui la quasi totalità degli italiani prende l’auto e fa lunghi spostamenti. La scelta di tempo è stata precisa ed è caduta nel momento di massima ricettività dei guidatori.

Sul fronte politico, si è espresso il commissario europeo ai trasporti Antonio Tajani, che ci ha ricordato come diminuire gli incidenti sia un obiettivo della UE, parlando della prevenzione contro gli abusi d’alcool e droga, come di una mossa fondamentale per il successo.

Mario Valducci, presidente della Commissione trasporti della Camera, avrebbe voluto introdurre un sistema per verificare l’uso di sostanze stupefacenti e rendere più cogenti le pene per chi infrange codice e leggi. Ad esempio – ha dichiarato - per l’autotrasporto, il problema è chiaramente individuabile in chi costringe i conducenti, spesso irregolari, a turni massacranti, con evidenti rischi per la sicurezza stradale. Infine, lo stesso, ha affermato che il sorpasso fra Tir, debba essere consentito soltanto nelle autostrade a tre corsie.
Allargando il discorso, si è aggiunto il presidente della Commissione trasporti, avvisandoci che - l’intero impianto del Codice della strada va rivisto perché datato ed appesantito dalla parte descrittiva sulle infrastrutture stradali, mentre dovrebbe concentrarsi sulle regole di comportamento per chi guida -.

Infine, il Ministro per le Infrastrutture ed i Trasporti, è riuscito ad ingaggiare un balletto di dichiarazioni e smentite, con il suo sottosegretario Bartolomeo Giachino. Dal battibecco, tutto mediatico, emergeva chiaramente, che a settembre il ministro avrebbe coordinato un tavolo, per discutere tutta una serie di problematiche per la definizione di un nuovo codice della strada. L’obiettivo, era migliorare il risultato già raggiunto nei primi tempi della patente a punti, anche tenendo conto delle nuove tipologie di contravvenzione e delle regole emerse negli ultimi anni.

Fin qui le dichiarazioni dei politici che, riassumendo, si affollavano proprio in coincidenza con il periodo di massima attenzione alle tematiche del traffico, e seguivano spesso la scia di tragici incidenti.

Dopo di che il silenzio.

Proprio oggi, a fine settembre, ho provato a cercare qualche notizia sul sito del Ministero dei Trasporti (LINK al sito). Il sito è costruito attorno ad una parte centrale, che ci informa di tutte le iniziative del ministro, ma tra queste, non vi è traccia del famoso tavolo. Ci sono tante dichiarazioni del ministro, presentazioni di pubblicazioni, informazioni preziosissime, come il numero di motocarri circolanti (344.827), o la spesa per lubrificanti delle autovetture private (1,079 mld d’Euro), nel 2005.

Ai lati, più in piccolo, ci sono anche dei collegamenti che potrebbero farci pensare ad una certa sensibilità nei confronti della sicurezza stradale: se si clicca però su quello che appare più promettente, ossia il “Portale dell’automobilista”, si ottiene solo una pagina d’errore. Funziona benissimo, invece, il link del concorso “Gratta e Vivi”, che da luglio 2008 promette ambitissimi premi : 180 corsi di guida sicura, 250 caschi integrali e 250 caschi jet. Il concorso, che sembra sconosciuto ai più, permette a chi andasse a ritirare uno degli 800.000 depliant multilingue, negli uffici di uno dei ben 19 Compartimenti della Polizia Stradale, di compilare ed inviare una cartolina rispondendo a domande sulla sicurezza stradale: ai più bravi l’ambito premio.

Unico altro punto di riflessione sullo stato della sicurezza stradale è nell’ultima news in basso, in cui il 4 aprile 2008, un quasi ex ministro Bianchi ci informava dello splendido risultato dei controlli sull’autotrasporto in Italia.

Forse il nuovo ministro è stato troppo impegnato nel cercare di non essere messo da parte nell’affaire Alitalia, dove, lo dico senza malizia, realisticamente, ben altri protagonisti, come il ministro Sacconi od il dott. Letta, si sono fatti notare.

Nel sito, non una riga sul bilancio del ministero, né su quanto sia costato pubblicare gli 800.000 depliant multilingue e predisporre il sito internet di “Gratta e Vivi”, o su quanto guadagnino i dirigenti ed i consulenti. In casa del ministro Matteoli, il suo collega Renato Brunetta, non porta consiglio.

La sicurezza stradale è solo la terza delle priorità del Ministro, dopo le prime due, le Infrastrutture e Grandi Opere, e l’efficienza dei trasporti, articolate in ben otto punti (si veda il LINK al documento ATTO DI INDIRIZZO CONCERNENTE L’INDIVIDUAZIONE DELLE PRIORITA’ POLITICHE DA RALIZZARSI NEL 2009). Il modo in cui il sito riflette quanto stiano a cuore al ministro, le tematiche della sicurezza stradale, se non apparisse da quanto ora detto, può emergere, con una vena di sottile umorismo, leggendo la “Missione dell’Ente”, dove campeggia davanti agli occhi il tema principale: “IL FUTURO DELLA MOBILITA’ NEI PROGRAMMI DEL GOVERNO PRODI”: niente male, per un ministro del governo di Berlusconi.

Forse dovremo attendere i ponti festivi di fine anno, per sentire parlare nuovamente i nostri politici, di sicurezza stradale.

lunedì 11 agosto 2008

Le Olimpiadi moderne e la nuova Cina

Le Olimpiadi moderne cercano sempre, con molto sforzo, di essere un simbolo di civiltà per i popoli del mondo. Lo hanno fatto ai tempi di Hitler, nel 1936, poi nei giorni della reazione al tragico attentato del 5 settembre 1972 a Monaco di Baviera, ancora nel 1980 a Mosca e nel 1984 a Los Angeles. Anche oggi il mondo si augura che lo spirito sportivo degli atleti di tutto il mondo possa contagiare il cuore di Pechino, portando i semi di civiltà e di rispetto dei diritti civili che la Cina attende forse da secoli.
In questi giorni il Governo cinese ha allentato un poco il controllo su internet, spinto dalla forte protesta dei giornalisti internazionali. Mi sono detto che se tutti gli autori di siti e di blog, volessero pubblicare materiali multimediali sulla libertà, la democrazia ed i diritti umani in cinese, forse potrebbero portare anche loro qualche seme di civiltà. E' quello che nel mio piccolo cerco di fare, con i link qui sotto raccolti, quasi tutti presi dal canale Youtube di Amnesty International .

In alto a sinistra: Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo (cinese)
In alto a destra: Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo (inglese)
In basso a sinistra: Games for a better tomorrow (inglese)
In basso a destra: 八九民運六四事件 June4 Massacre in Beijing (4-6-1989) (cinese)







giovedì 10 luglio 2008

Il prezzo della libertà … di movimento

Lo stato generale dell’economia è uno dei fattori che influenzano il livello di libertà. La tranquillità economica che viene dal benessere generalizzato, crea sicurezza. Quando una popolazione non avverte apprensione per il futuro e vive in maniera moderatamente agiata, non ci sono motivi per limitare le conquiste di libertà e di civiltà. Se osserviamo il comportamento degli elettori delle democrazie più mature, vediamo come la fiducia nella capacità di gestire l’economia, sia sempre un parametro centrale nella scelta del candidato da votare.
Questo è chiaro se si osservano situazioni estreme. In un paese eccessivamente povero, le libertà individuali purtroppo si piegano facilmente di fronte alle esigenze generali dello stato. Dove regna la povertà o la fame, non sorprende che dilaghino furti, ruberie, razzie e si sviluppino azioni di gruppi armati. La reazione delle autorità a volte giustificabile ma non giusta, inciderebbe profondamente sulle libertà delle persone. Anche nei paesi ricchi, negli ultimi anni, il timore del terrorismo ha reso possibile che molti ritenessero utile vedere limitata parzialmente la propria libertà per guadagnare una maggiore sicurezza. Il rischio di una recessione o di un rallentamento dell’economia ha portato paesi garantisti come l’Italia e la Francia ad alleggerire i cosidetti “diritti” dei lavoratori, introducendo forme di flessibilità, generalmente accettate.
Quindi, riassumendo, in condizioni di povertà diffusa e forte insicurezza, le libertà individuali sono spesso messe a dura prova, mentre anche nei paesi più ricchi, un aumento dell’insicurezza, legato ad esempio al terrorismo od alla recessione, porta ad accettare un minor livello di libertà. Ecco che sembra dimostrato come vi sia un’influenza misurabile dell’economia sul livello di libertà e forse di civiltà dei popoli.

Prendendo a pretesto questa considerazione possiamo fare un ragionamento simile, pensando più in piccolo a quali conseguenze immediate possa portare un forte aumento del prezzo del carburante sulla nostra libertà … di movimento. Negli ultimi anni, ad esempio, il prezzo dei carburanti è notevolmente salito (32% da settembre 2004) e la tendenza si mantiene al rialzo. Mediamente per percorrere 10 chilometri spendiamo quasi 1 Euro (circa 97 centesimi) solo per il carburante.
Il mondo attuale è caratterizzato, rispetto al passato, da una gran facilità di movimento. Se per spostare soldi e documenti basta un computer connesso ad internet, le persone e le merci, invece, viaggiano su mezzi di trasporto. Il traffico delle merci può giovarsi di più raffinati sistemi di gestione logistica o di vettori alternativi per recuperare la competitività persa con l’aumento del carburante. Gli unici soggetti a risentire completamente dell’aumento di prezzo sono le persone che comincerebbero a fare i conti con un prezzo di carburante ben oltre i 10 centesimi d’euro al chilometro. Le strategie correttive di maggiore efficacia sono tutte a medio o lungo periodo, come ad esempio un forte miglioramento del trasporto pubblico, il ricambio tecnologico dei motori, l’introduzione di carburanti a minor costo e non legati al prezzo del petrolio, come il metano o l’idrogeno. Un tale cambiamento dovrebbe realizzarsi in maniera graduale fino a che il prezzo industriale dei carburanti non cresca oltre un fattore 2 o 3 rispetto al valore attuale. A quel punto una famiglia che percorra 15.000 chilometri l’anno (media Eurotax e Quattroruote) si troverebbe a pagare tra gli € 1.425 e gli € 2.850 in più l’anno. Sopra questi livelli diventa conveniente affrontare la maggiore spesa di un mezzo a metano che attualmente si aggira attorno agli € 3.000.

Ho quindi deciso di fare un’analisi statistica che cerchi di prevedere un limite ragionevole per il prezzo industriale del carburante sulla base dell’andamento degli ultimi anni. Tale analisi è solo parzialmente viziata da una mancanza di parametri legati alle previsioni dei futuri scenari politici, dato che possiamo affermare che gli anni appena trascorsi sono stati tra i più movimentati degli ultimi decenni. Il passato quindi contiene in se quegli elementi d’instabilità necessari per fare estrapolazioni sensate anche sul futuro.
Sono partito dalla composizione del prezzo dei carburanti in Italia, per capire l’incidenza delle diverse voci di costo. Per questo ho utilizzato i dati raccolti dal 2004 dall’Osservatorio Prezzi e Tariffe del Ministero dello sviluppo economico. Fino allora la rilevazione sul prezzo delle benzine non era fatta. Purtroppo i prezzi dei carburanti cui si accede da un comodo link in alto nella Home page, sono presentati in maniera tabellare e segmentata per periodi e zone. Anche nella sezione storica delle “Rilevazioni settimanali” le informazioni sono esposte come singoli rapporti settimanali scaricabili in PDF. Senza interrogarmi sul perché dati così importanti non beneficino di un metodo espositivo più chiaro ed immediato, ho scaricato tutti i rapporti settimanali e li ho messi prima su di una tabella e poi su di un grafico che presento qui di seguito.
Premetto che il prezzo finale è dato dalla somma del prezzo industriale, ossia il ricavo delle società petrolifere, dell’accisa sui carburanti e dell’IVA.

Prezzo = prezzo industriale + accisa + IVA


Per chiarezza ecco un estratto della tabella ricostruita, sotto al quale si trova il collegamento per scaricarla interamente in formato compatibile excel (csv) :

Data

Prezzo Industriale

Accisa

IVA

Prezzo Finale

30/06/2008

0,707

0,564

0,254

1,525

26/06/2006

0,550

0,564

0,223

1,337

06/09/2004

0,404

0,559

0,192

1,155



E’ da notare che l’accisa è un’imposta che grava sulla quantità e non sul valore dei carburanti venduti e che non risente per questo delle variazioni del prezzo del petrolio. Addirittura, negli ultimi anni, l’accisa si è ridotta. L’IVA invece grava sia sul prezzo industriale che sull’accisa. E’ giusto anche considerare che le forti oscillazioni del prezzo industriale dichiarato dalla società produttrici, sono dovute principalmente al costo del petrolio legato alle politiche estrattive dei paesi produttori ed alle speculazioni di mercato. Forse si fa sentire anche una mai dimostrata e probabilmente per questo molto abile attività di cartello. L’Economia dice poi che l’efficienza operativa dell’industria deve riflettersi in una componente progressivamente decrescente del prezzo industriale, purtroppo molto inferiore alle voci che invece causano i continui rialzi. Molti inoltre hanno notato, salvo non aver dato vere dimostrazioni, che i prezzi dei carburanti salgono subito al crescere del prezzo del petrolio, per poi non scendere o farlo troppo lentamente, quando l’olio nero diventa meno caro.

Dal 2004 ad oggi il prezzo industriale si è spostato dalla fascia € 0,30-0,40 a quella € 0,70–0,80, con un aumento del 75%, mentre il prezzo alla pompa è passato dalla fascia € 1,10-1,20 a quella € 1,50-1,60 con un aumento del 32%. Essendo fortemente determinante per le oscillazioni di prezzo, proprio la sua componente industriale, sono andato ad analizzare quest’ultima, sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi alla produzione dei carburanti venduti sul mercato interno. Questo dato è raccolto mensilmente dal 2003. Ho quindi normalizzato (moltiplicato per un fattore fisso) l’indice, per sovrapporlo graficamente alla rilevazione del Prezzo industriale data dall’Osservatorio Prezzi.
Su questi dati, che come si vede dal grafico seguente sono molto ben sovrapponibili, ho fatto delle interpolazioni mediante regressioni esponenziali. La regressione è uno strumento statistico che permette di definire una linea di tendenza per un insieme di dati che, prolungata, permette di prevederne l’andamento successivo. La forma esponenziale è quella utilizzata per dati in fase di crescita, per i quali non si preveda, nelle fasi successive, una stabilizzazione definitiva. Il parametro R al quadrato, citato nei grafici, indica la bontà della previsione, ottima se eguale ad 1 e progressivamente peggiore verso lo zero.
Ho definito le tendenze sia dei dati dell’ISTAT dal 2003 ad oggi (linea azzurra) che di quello dell’Osservatorio (2004 ad oggi, linea arancio), trovandole praticamente identiche. Infine ho azzardato una previsione pessimistica, supponendo che la tendenza della spinta al rialzo degli ultimi due anni sia più influente rispetto ai dati più vecchi (2007 ad oggi, linea blu).



La previsione va nel futuro per un periodo di due anni e sembra mostrare che a metà del 2010 il Prezzo industriale del carburante sarà nella fascia € 0,75-1,10, con un incremento relativo rispetto ad oggi, oscillante tra il 6% ed il 56%. Il prezzo alla pompa, rimanendo inalterate le politiche fiscali, potrebbe quindi anche raggiungere la soglia dei € 2,00. Il bello della previsione statistica è che tiene conto in qualche modo dei dati medi, compensando nel breve periodo fasi alternate di crescita e diminuzione.

martedì 8 luglio 2008

Oggi 8 luglio molti italiani scenderanno in piazza per far sentire la loro protesta contro alcune delle prime misure del governo di Berlusconi. Guidato da Antonio di Pietro, da Grillo e da altri oppositori all'attuale maggioranza, il popolo della piazza intende dare un segnale chiaro al Governo: "non approfittate con arroganza della vostra vittoria per prevaricare i diritti degli italiani".

Se è vero che il Governo si appiattisce nel definire le sue priorità sulle esigenze personali del suo capo, allora la protesta è certamente un elemento di riequilibrio democratico. In fondo Berlusconi governa con il 47,3% dei voti al Senato ed il 46,82% alla Camera che per effetto della Legge elettorale si sono trasformati in una maggioranza rispettivamente del 55,1% e del 55,81% nei due rami parlamentari. Percentuale di voti molto alta ed indiscussa forza politica, democratica e popolare.

Se invece la piazza è animata più che da una giustificata protesta contro i pretesi abusi di autorità del Presidente del Consiglio, da una sorta di spirito di rivincita, allora la manifestazione è forse minata alla base nel suo intento di essere veramente democratica. Vedere schierati come bandiere uomini di cultura come il filosofo Vattimo o lo scrittore Eco, non aggiunge forza alla democrazia, se la loro discesa in piazza è acriticamente e pregiudizialmente volta contro un singolo uomo che con i suoi pregi ed i suoi difetti, ha tuttavia il voto dell'Italia.

La presunzione di pensare che gli Italiani non capiscono niente e che hanno votato superficialmente o peggio ingannati dal grande affabulatore, è potenzialmente pericolosa per la democrazia almeno quanto potrebbero esserlo le leggi ad hoc di Berlusconi.

Il vero problema della sconfitta della sinistra sta tutto, ma proprio tutto, nell'assoluta inconsistenza delle forze politiche e degli esponenti culturali che la rappresentano: anni luce lontani dalla realtà quotidiana del popolo italiano.

Come autore del blog LEXCIVILIS, spero solo che la protesta di oggi e le risposte del Governo, siano, tutte insieme, assolutamente civili. Oggi si può far vedere al mondo che l'Italia è capace di un vero confronto democratico, anche di piazza, che si svolga in modo civile, rispettoso e chiaro. Mi impegno umilmente nella mia vita personale, professionale e nel mio lato "pubblico" a lavorare per aiutare il mio paese a recuperare quell'evidente deficit di civiltà che lo distanzia rispetto ad altre democrazie più mature. Per far questo cerco di evitare sempre la polemica, l'insulto e le critiche vuote, per misurarmi con uno spirito costruttivo e pratico che spero prima o poi di veder crescere attorno a me.

sabato 5 luglio 2008

Servizio civile: entro lunedì 7 luglio le domande

Il Servizio Civile Nazionale, è la possibilità per i giovani dai 18 ai 28 anni di dedicare un anno della propria vita a favore di un impegno solidaristico. E’ un servizio volontario che garantisce una forte valenza educativa e formativa, e rappresenta un’importante occasione di crescita personale ed un’opportunità d’educazione alla cittadinanza attiva. Le aree d’inserimento dei volontari sono quelle dell’assistenza, della protezione civile, dell’ambiente, del patrimonio artistico e culturale, dell’educazione e promozione culturale, di missioni all’estero.
Istituito con la legge n° 64 del 6/03/2001, dal 1/01/ 2005 si svolge su base esclusivamente volontaria. La legge prevede che ai giovani che abbiano svolto attività di Servizio civile nazionale possano essere riconosciuti crediti formativi da spendere negli studi e nella formazione professionale, mediante apposite convenzioni. Inoltre il servizio civile è valutato nei concorsi pubblici con le stesse modalità e lo stesso valore del servizio prestato presso gli Enti Pubblici.
Chi presta il suo servizio per almeno 12 mesi, beneficia della riserva del 10% dei posti per l’accesso alle carriere iniziali nelle attività istituzionali dei Vigili del Fuoco e del Corpo Forestale dello Stato, a decorrere dal 2006. Infine il periodo di servizio civile è riconosciuto valido, a tutti gli effetti, per l’inquadramento economico e l’anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale dei settori pubblico e privato.
Ai volontari spetta un compenso di € 14,46 netti giornalieri, per un totale € 433,80 netti mensili. A chi presta il suo servizio in un comune diverso da quello di residenza, spetta un rimborso delle spese di viaggio e se previsto nello specifico progetto, anche vitto ed alloggio. Per i volontari impegnati in progetti all'estero, è prevista un’indennità estero di €15 giornalieri ed un contributo per il vitto e l'alloggio di ammontare non superiore a €20. Interessa sicuramente sapere che l’attività svolta nell`ambito dei progetti di servizio civile non determina l`instaurazione di un rapporto di lavoro né la sospensione o la cancellazione dalle liste di collocamento e di mobilità.

Entro il 7 luglio 2008 è possibile presentare le domande relative ai Bandi 2008, all'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile ed alle Regioni e Province autonome. Saranno 34.104 i volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero.

Dal 30 giugno fino al 4 luglio è stata trasmessa sui canali RAI sia televisivi sia radiofonici, la campagna promossa dall'Ufficio Nazionale per sensibilizzare i giovani a svolgere il Servizio civile nazionale, partecipando ai bandi di selezione.

Sinceramente trovo lo spot poco adatto al tema. Mi sembra un messaggio ammantato di romanticismo e di una sorta d’idealismo molto superficiale. Nessuna indicazione concreta, nessun richiamo a siti od uffici dove reperire ulteriori informazioni tecniche. Soprattutto mancano del tutto le indicazioni pratiche che forse potrebbero accendere l’interesse dei giovani. Sembra funzionale molto di più a chi lo ha realizzato, come una sorta d’autocompiacimento che a stimolare l’interesse dei giovani d’oggi. Questi potrebbero anche non sapere più cosa sia il Servizio Civile. Sembra purtroppo molto piccolo anche l'interessamento del mondo della stampa e dell'informazione in generale, su questo tema di una notevole rilevanza civile.

Oggettivamente per un giovane senza esperienza e senza lavoro, il Servizio Civile può anche rappresentare una pratica via d’uscita dall’inerzia. Stimolato magari dal piccolo guadagno e dal poter vivere fuori casa, imparando nel frattempo qualche cosa d’utile, potrebbe trovare quello slancio utile a dargli nuova spinta nella vita.

Altra considerazione, è che il Servizio Civile potrebbe davvero rappresentare un punto di svolta per molti giovani senza prospettive e non solo un momento d’alta solidarietà. Forse questa scuola di vita dovrebbe essere presa in maggiore considerazione, magari anche retribuendo meglio i volontari e fornendogli nel frattempo una formazione utile anche per il futuro.

A ben vedere, il dubbio che il cancro della politica attanagli anche l’istituzione dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile potrebbe venire, pensando ad una certa coincidenza delle date d’insediamento dei direttori con quelle del cambio dei governi.
Come leggo sul Blog ESSERCI (LINK) autodefinentesi “Sito ufficiale del Tavolo Ecclesiale sul Servizio Civile”, in un post del primo luglio ecco la successione dei direttori: Guido Bertolaso (1998- ottobre 2002), Massimo Palombi (ottobre 2002- agosto 2006) e Diego Cipriani (agosto 2006-giugno 2008), Leonzio Borea (dal 30/06/2008).

L’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile fa parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Forse anche quest’incarico non riesce a sottrarsi al destino d’essere spesso destinato a dare un’occupazione ad amici politici? Si tratta davvero di un ufficio per il quale i governi che si succedono scelgono responsabilmente la persona maggiormente capace, per attuare un programma di sviluppo d’ampio respiro? Tentare una risposta a queste domande potrebbe attrarre qualche querela, quindi preferisco aggiungere poche informazioni sul background politico e culturale dei direttori che si sono succeduti.
Leonzio Borea è stato senatore UDC nella precedente legislatura per poi migrare politicamente insieme al gruppo degli amici dell’On. Carlo Giovanardi, nelle file dei Popolari Liberali all’interno del Popolo delle Libertà.
Diego Cipriani è giornalista, insegnante alle scuole superiori, è stato responsabile del settore Obiezione di Coscienza e Servizio Civile della Caritas. Dal 1991 al 2000 è stato Segretario e poi Presidente della Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile (CNESC). Ha scritto alcuni libri sul tema per l’editrice La Meridiana. Dal 1993 al 1997 è stato vice Presidente del BEOC, l’Ufficio Europeo dell’Obiezione di Coscienza ed ha collaborato alla stesura della legge italiana in materia.
Massimo Palombi proviene dalle fila della Democrazia Cristiana, è stato senatore dal 1994 al 1996 e successivamente assessore alla mobilità e trasporti della Provincia di Roma dal 1999 al 2001 nella giunta di Centro-destra presieduta da Silvano Moffa di AN. Ultimamente è stato candidato nelle liste UDC per il Senato come numero cinque della lista per il Lazio, non eletto.
Guido Bertolaso
è decisamente un personaggio noto e chi volesse approfondirne la biografia può farlo ad esempio su Wikipedia (LINK).

Bertolaso a parte, mi sembra che il meno politico e certamente il più esperto della materia sia Diego Cipriani, che è stato appena sostituito dopo meno di due anni, forse un tempo troppo breve per ottenere risultati. Senza dubbio un motivo ci sarà stato: ai lettori le considerazioni del caso.
Oggi ho riorganizzato l'indice per argomenti in maniera più logica. La ricerca dei post dovrebbe beneficiare di un sommario maggiormente sintetico ed ordinato. Inoltre lexcivilis adotta fino ad agosto i nuovi colori estivi ispirati al mare.

venerdì 4 luglio 2008

Doppio lavoro in nero

Oggi voglio scrivere di un tema dibattuto in modo molto superficiale, o usato da molti come una bandiera: quello degli stipendi bassi. Ci sono moltissime famiglie in Italia, magari con un paio di figli che vanno avanti nominalmente con un solo reddito intorno agli € 1.100,00 netti mensili. Faccio subito un esempio: F. lavora in una scuola come assistente tecnico ma il suo magro stipendio non basta per vivere decorosamente con sua moglie e i due figli. F. non si risparmia sul lavoro, si dimostra volenteroso e pieno d’iniziativa: "Mani d'oro" lo chiamano i colleghi. La sua buona volontà non può conquistargli riconoscimenti in un posto pubblico, dove i premi sono sempre a pioggia e non si incentivano i meritevoli, spesso additati come "poveri fessi". F. non se ne preoccupa e continua a lavorare con impegno.
Per guadagnare di più, finite le sue sei ore giornaliere, si dedica ad un doppio lavoro. Qui le sue mani d'oro gli rendono quanto merita. Il pomeriggio e la fine settimana fa lavori di muratura, di tinteggiatura, di piccola e media manutenzione. Tutto rigorosamente in nero, ossia senza fare ricevuta e senza denunciare gli ulteriori redditi.
E’ vero che così facendo evade le tasse, eppure non si può negare che è difficile per lui, se non impossibile, raggiungere in altro modo una retribuzione più adeguata alle giuste esigenze della sua famiglia. Per un dipendente pubblico, la possibilità di fare un secondo lavoro passa attraverso le forche caudine di regole molto restrittive e necessita infine dell'autorizzazione del dirigente. F. potrebbe fare un secondo lavoro solo se passasse ad un part-time al 50% nella scuola dove è impiegato, ottenendo anche il permesso dal segretario.
Non dobbiamo nasconderci però che se chiediamo a F. di rientrare nei canoni della Legge, dobbiamo avere anche il coraggio di dirgli di rinunciare a stare in campeggio d'estate con i suoi figli, di non portarli dall'odontotecnico per raddrizzare i denti, di evitare di fargli fare sport il pomeriggio. Dobbiamo fargli capire che non può più continuare a costruire la casa per loro nel terreno lasciatogli dai genitori. Non potrà più fare tante di quelle cose che può permettersi solo avendo una doppia retribuzione.
Con tutto questo non voglio e posso giustificare il fatto che F. evade le tasse per quanto guadagna con il secondo lavoro ed opera senza curarsi di tutti quegli accorgimenti di cui sarebbe tenuto a dotarsi, se agisse alla luce del sole. Trattandosi per l’appunto di un “secondo lavoro”, per di più svolto in forma individuale, F. non ha modo di sviluppare la sua attività ad un livello tale da renderla redditizia se svolta nel rispetto delle norme fiscali, previdenziali e di sicurezza.
Gli elementi della situazione sono alla fine questi:
  • F. guadagna con il suo primo lavoro troppo poco per fare campare la sua famiglia;
  • Il datore di lavoro pubblico non è capace di valorizzare economicamente F. come persona meritevole;
  • F. è costretto a fare un doppio lavoro non autorizzato e di nascosto, senza garanzie per la sua sicurezza ed evadendo le tasse;
  • F. così facendo danneggia le ditte ed i professionisti che operano in maniera corretta nel settore del suo doppio lavoro;
  • F. non concorre nella misura della sua reale capacità contributiva alla società nel suo complesso, sottraendo risorse al fisco ed alla previdenza;
Ne escono danneggiati sia F. che la società civile. Lui perde perché scommette il benessere guadagnato per i suoi cari sulla sua sicurezza e sulla sua salute. I suoi figli perdono perché imparano che le regole di convivenza civile si possono tranquillamente calpestare per ottenere un vantaggio personale. La società perde perché le sono sottratte risorse dovute. Lo Stato perde perché trascura di valorizzare un suo dipendente volenteroso e quindi preziosamente raro. I sindacati e la burocrazia pubblica perdono perché colpevolmente responsabili di negare a chi volesse lavorare di più, la possibilità di farlo.
Ora facciamo tutti mente locale e cerchiamo di ricordarci quanti signori F. abbiamo incontrato nella nostra vita. Quante volte ci siamo avvalsi di loro per fare dei lavori in casa, per sistemare una soffitta o per tinteggiare le nostre stanze?
Il ministro Brunetta vuole dare la possibilità ai dipendenti pubblici di prendersi un anno di aspettativa non retribuita per cercare di mettersi in proprio. Spero che da buon economista, quale egli è, affronti presto e bene anche il tema del rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici in termini di valorizzazione reale del merito. La soluzione al problema del lavoro nero di F. deve passare per una retribuzione più alta ed un sistema premiante che gli permetta di esprimere le sue capacità per la scuola dove lavora. Inoltre, se ancora necessitasse di fare un secondo lavoro, credo ci si debba sforzare di creare condizioni fiscali e previdenziali che salvaguardino le aziende che operano correttamente permettendo a persone come F. di ricavare legalmente un’ulteriore fetta di reddito.
La Legge torni al servizio di F. e dei cittadini. A quel punto, date a tutti le corrette opportunità, è giusto che lo Stato non esiti a far rispettare una legge veramente eguale per tutti.

domenica 29 giugno 2008

Visti da lontano: Italy and Italian

Cosa pensano di noi i paesi anglosassoni ? Come vedono l'Italia e gli italiani ? Siamo stimati o derisi, seguiti con attenzione o dimenticati ? Per chi non abbia una finestra quotidiana su quel mondo allora il Blog Spicchinglish (LINK) è un buon posto dove vedere il Belpaese dal punto di vista di chi parla l'Inglese.
L'interesse nasce dal fatto che è per molti naturale riconoscere a quei paesi una delle più alte dosi di cultura democratica ed al tempo stesso di civiltà del mondo moderno. Spicchinglish raccoglie gli articoli della stampa anglofona presentati da Google-news e li traduce con Google-translate. Il risultato è comico nella forma ma del tutto serio nel presentare contenuti ricchi di spunti di riflessione. Posso assicurare che non opero nessuna selezione sui temi trattati negli articoli, se non limitare alquanto la preponderanza delle notizie di calcio. Ed ora una sequenza delle ultime news di Spicchinglish: l'Italia e gli Italiani visti da chi parla la lingua di Shakespeare, buona lettura: