mercoledì 8 ottobre 2008

REMEMBER PINOCCHIO ed il crollo delle Borse


"- Vuoi raddoppiare le tue monete d'oro?
- Cioè?
- Vuoi tu, di cinque miserabili zecchini, farne cento, mille, duemila?
- Magari! E la maniera?
- La maniera è facilissima. Invece di tornartene a casa tua, dovresti venire con noi.
- E dove mi volete condurre?
- Nel paese dei Barbagianni.

- I tuoi cinque zecchini, dall'oggi al domani sarebbero diventati duemila.

- Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c'è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d'oro. Poi ricuopri la buca con un po' di terra: l'annaffi con due secchie d'acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell'albero carico di tanti zecchini d'oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno.”


Storie d’altri tempi, racconti per bambini? La verità, è che tutta la saggezza che ci serviva, per non cadere con il posteriore per terra, era già racchiusa nella favole che ci incantavano da piccoli. Crescendo, solo in dimensioni ed in anni, questa saggezza è svanita. Pur essendo quasi tutti costretti a lavorare, con fatica, per portare a casa uno stipendio, a volte crediamo veramente che i soldi possano nascere, come per incanto, senza sforzo.

Le banche ed i promotori finanziari, moderni Gatto e Volpe, ci riportano nel paese del Barbagianni, dove, comprando un pacchetto azionario od un fondo bilanciato, ci aspettiamo di rinfrescarci presto sotto l’albero degli zecchini.


Da anni, rimango sconcertato guardando le principali edizioni dei telegiornali, principalmente per due aspetti: l’immancabile squallida vetrina bi-partisan delle opinioni dei politici, e la pagina della Borsa. Allora penso che ci sia veramente poco da fare, per un popolo che prima bruca quietamente la biada dei suoi mandriani, poi si trastulla con sogni di guadagni, tanto facili, quanto improbabili.


Pinocchio, lo dico per i pochi, spero, che non hanno riconosciuto il brano iniziale, ha impiegato l’intero tempo di una favola per imparare la lezione dell’impegno, della responsabilità e della fatica. Mi piace pensare che il Pinocchio della pagina finale, del libro di Carlo Lorenzini (alias Carlo Collodi), non si sarebbe lasciato incantare, da rischiose operazioni con i derivati, o dai titoli della Lehman Brothers.


Ma che cosa è questa tanto decantata Borsa ? A cosa dovrebbe servire ? La risposta è semplice: è un mercato, dove le imprese e gli stati, vendono strumenti finanziari, in cambio di soldi liquidi.


In pratica, per fare affari in maniera più competitiva e redditizia, le imprese devono crescere, aumentare o migliorare la produzione e l’efficienza, occupare nuove fette di mercato. Così facendo, ottengono dapprima i loro ricavi, e contrastano meglio la concorrenza. Queste azioni richiedono liquidità, ossia soldi pronti, da investire. La maggior parte dei settori produttivi, produce ricavi sufficienti a non andare troppo spesso in rosso per pagare i costi, come ad esempio gli stipendi, l’energia o le materie prime, per far fronte ad improvvisi aumenti od a ritardi dei pagamenti dei clienti.


A volte la liquidità è sufficiente per modesti interventi, ma impieghi di denaro più consistenti, potrebbero non essere possibili, facendo affidamento solo sulle proprie forze. Allora queste aziende vanno sul mercato, ossia in Borsa, e chiedono soldi liquidi a chi ne ha in abbondanza: gli investitori. Le famiglie, autentiche piccole fabbriche di risparmio, sono le vere fonti, alle quali le aziende chiedono la liquidità. In cambio, le aziende rilasceranno, dietro il controllo della Borsa, dei cosiddetti titoli.


I titoli sono di tanti tipi ma, sostanzialmente, possiamo parlare dei due principali: le azioni e le obbligazioni. Con le prime, gli investitori diventano proprietari di una piccola porzione dell’impresa che finanziano, con i secondi, fanno invece un prestito, definendo sostanzialmente già dall’inizio, la durata e l’interesse che guadagneranno. E’ evidente che l’investimento in aziende sane, che producono prodotti o servizi fortemente richiesti, potrà facilmente riflettersi in un aumento del loro valore. Questo significa un guadagno potenziale, per gli azionisti che volessero rivendere, e garantisce meglio il rimborso e maggiori interessi, agli obbligazionisti.


Fin qui tutto bene, se ci si limitasse a parlare di aziende che trasformano materie prime, in prodotti elaborati e richiesti. In questo caso infatti, l’ingegno e l’opera dell’impresa, sarebbero ben valutati dalla differenza tra il prezzo di vendita dei prodotti, ed i costi di produzione. Se il processo è innovativo ed efficiente, e la qualità del lavoro è alta, come pure la richiesta del prodotto, il guadagno misura bene, un processo di reale creazione del valore. L’opera e l’ingegno possono quindi, se ben indirizzati, creare praticamente sempre e solo ricchezza. La misura della moneta circolante, sarebbe quindi essa stessa, vera espressione di un valore reale.


In questo bel paradiso, sfido chiunque a non definirlo tale, si insinua però un avido e maligno serpente tentatore: la speculazione. Ci vuole poco a capire, che investendo prima da una parte, e poi da un’altra, si possono alterare i naturali equilibri di un mercato. Disponendo di abbondante liquidità, si possono far aumentare e diminuire i prezzi delle azioni, guadagnando da una compravendita avida, che nulla a più a che vedere, con lo scopo di finanziare le imprese, che il mercato, in origine, si era dato.


La Borsa, quindi, è diventata un mercato speculativo, per i più sprovveduti, un nuovo paese dei Barbagianni. La speculazione può certamente arricchire alcuni, ma non tutti. Per uno che guadagna speculando, ve ne deve essere almeno uno che perde. A volte la speculazione crea situazioni che si autoalimentano, come l’aumento delle giocate al Superenalotto, nei momenti in cui il jackpot è alle stelle. La corsa ad investire in modo affaristico, può andare avanti mesi od anni. In questo modo il valore delle azioni cresce ben oltre il valore reale che l’azienda interessata, rappresenta con i sui beni, la sua opera, ed il suo ingegno.


Basta un niente, che questa “bolla speculativa” può scoppiare, e riportare d’improvviso tutti, alla realtà dei fatti. Ed allora, cari investitori, sappiate che nei campi ci si può sempre andare, a seminare. Solo, rammentate Pinocchio, e se proprio avete il pollice verde, seminate patate, grano, zucchine o cavoli, non i zecchini che avete guadagnato con tanta fatica.


Una parola ora sui cosiddetti “mercati”, ossia le Borse. Dovrebbero essere moderati, ossia governati da regole e relativi controlli. E’ difficile distinguere la speculazione dall’investimento ma di certo è possibile, se si vuole, creare strumenti che favoriscano quest’ultimo a discapito della prima. Provate ad andare sul sito della Borsa Italiana, a cercare informazioni sui piani industriali, delle aziende quotate. Provate allora, a cercare un qualsiasi intermediario, che vi aiuti a scegliere un investimento, che finanzi concretamente un’attività produttiva. Ovunque troverete strumenti poco chiari, con rischi e nomi incomprensibili e possibili vantaggi molto ben evidenziati.


La speculazione, si è impadronita del mercato. Quel che è peggio, è che non si sente la voce di nessun governante, dire di voler riportare chiarezza e regole sul mercato: sono tutti troppo impegnati ad assistere i poveri banchieri, e chi si è scottato, solo perché si è lasciato irretire da prospettive da favola. Come al solito, la serietà non paga subito, in questo mondo, almeno.