venerdì 14 agosto 2009

INNSE ossia fare impresa in Italia

L'insieme della produzione di beni e servizi di un paese, è alla base della ricchezza di cui i suoi abitanti beneficiano. Per creare il benessere bisogna costantemente mantenere e sviluppare in qualità, se non proprio in quantità, la capacità produttiva.


La INNSE era e rimane un'impresa capace di produzioni meccaniche di altissimo livello. I suoi operai hanno in questi mesi dimostrato un attaccamento alla fabbrica, decisamente superiore alla semplice difesa di un posto di lavoro. Gli interessi di una realtà produttiva, che arricchisce necessariamente tutta la collettività locale e nazionale, sono stati meglio difesi dagli operai piuttosto che dagli imprenditori inizialmente coinvolti. La storia vede la INNSE nascere nell'IRI e proseguire all'interno di un gruppo privato, fino all'amministrazione controllata nel 2003. Vista la qualità dei macchinari e l'estrema specializzazione della forza lavoro, una legge ne permise nel 2006 l'acquisto da parte di un nuovo imprenditore, ad un prezzo estremamente agevolato e nell'interesse generale. L'intesa venne siglata con la Genta S.p.A., impresa di commercializzazione di grandi macchine utensili, a condizione di reinvestire e mantenere i livelli occupazionali.



Sotto lo sguardo attento degli operai tuttavia il piano di rilancio non si realizzò. Non si procedette a nessun investimento e dopo pochi mesi si avviò anche la cassa integrazione straordinaria. Nella primavera estate 2008 vennero recapitate le lettere di licenziamento ai cinquanta operai. Questi allora occuparono la fabbrica, mantenendo i turni, parlando con i clienti, e portando a termine le commesse. Tra queste si cita una traversa di 14 metri per la Dalmine di Segrate, e varie produzioni per la Ormis di Brescia. Alcuni clienti si dissero pronti a fare nuovi ordinativi ed a pagare gli stipendi degli operai, fino al termine della trattativa che si era avviata. La Genta S.p.A. a questo punto fece sapere che la Aedes, società proprietaria del terreno, non intendeva rinnovare l'affitto. Quest'ultima società, quotata in Borsa, gestisce una serie di shopping center. Sulla stampa si riporta che la considerevole esposizione con le banche, la spingerebbe a trasformare l'area industriale in un polo residenziale. Il 17 settembre, dopo ben 100 giorni di autogestione, la Polizia fece irruzione in via Rubattino, sgomberando gli operai e sigillando le porte.

Il timore dei lavoratori era una possibile modifica della destinazione d’uso dell’area, che consentisse all'Aedes di far fruttare meglio i suoi 24mila metri quadri. Il sospetto era che l'affare che la Genta S.p.A. aveva in animo fin dall'inizio, fosse chiudere l'attività per poter vendere i macchinari, sua attività naturale. L'ombra di una bassa speculazione, ordita sotto lo sguardo forse disattento delle istituzioni locali, sembrava oscurare quella che doveva essere una bella storia di imprenditoria italiana. I quattro operai rimasti ancorati sulla gru, capaci per questo di guadagnare gli onori delle cronache televisive, sono stati solo l'ultima disperata mossa di una battaglia apparentemente già vinta dai prepotenti contro i deboli. Una mossa vincente. Sotto lo sguardo attento del Prefetto di Milano, operai, sindacati e nuovi veri imprenditori hanno finalmente trovato un accordo per rilanciare la produzione dello stabilimento.

Ecco un esempio di ottima collaborazione tra le forze migliori del paese per ottenere quello che la speculazione e la disattenzione delle istituzioni rischiavano di vanificare. Alla fine i complimenti vanno sopratutto ai 49 operai rimasti, che hanno saputo ricordare a tutti i cittadini italiani, che con la forza della ragione e della giustizia, insieme si può riconquistare i nostri diritti e la nostra dignità. Nessuno può parlare di sacrificio o delle dure leggi dell'economia agli operai che le conoscono meglio di molti cosiddetti imprenditori, perché le vivono sulla loro pelle. C'è un senso di giustizia profondamente radicato in chi da sempre lavora duramente con molta fatica e sacrificio, a stretto contatto con gli altri. Quando gli operai scendono in agitazione, c'è sempre un motivo vero e non banale dietro la loro protesta. La classe operaia degli inizi del secolo scorso non esiste più. Ora c'è una comunità operaia, fatta di persone che hanno una forte comprensione anche degli aspetti economici e concreti della società. Bollare le loro proteste, come ho sentito fare a molti "so tutto io", dicendo che un'imprenditore deve poter chiudere una sua azienda, è un atteggiamento superficiale. Se i problemi della Innse fossero stati di mercato, gli operai avrebbero accettato l'inevitabile chiusura della fabbrica. Essi hanno però dimostrato di avere antenne sensibilissime per rilevare la speculazione e coraggio per contrastarla.

Dove ci sono operai capaci ed organizzati non c'è spazio per i furbetti del quartierino. Forse è per questo che ci sono sempre meno industrie in Italia e sempre più call-center, imprese di servizi o di intrattenimento. Gli operai di oggi sono cittadini miti e preparati, coscienti dei loro diritti. La loro forza è in questo, insieme con il loro numero ed il loro innato coraggio. Per questo fanno paura ad alcuni ma fanno tanto ben sperare un sognatore come me, che crede ancora nella rinascita civile e sociale dell'Italia.

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dal Blog LEXCIVILIS di Edoardo Capulli