domenica 9 agosto 2009

Uno scudo molto poco fiscale

Pagare meno tasse, pagarle tutti
Nella campagna elettorale delle ultime politiche, uno slogan che accomunava tutti i candidati, anteponeva il pagare meno tasse, al pagarle tutti. Curioso ordine di precedenza, decisamente più adatto ad una campagna elettorale che ad un serio discorso civile. Un’analisi basata sui luoghi comuni, porterebbe a pensare che i democratici si siano sentiti responsabili di un sistema fiscale tra i più pesanti in Europa. Per i politici del centro destra, invece, si potrebbe pensare ad una simpatia per il cosiddetto partito degli “evasori”.
La realtà è spesso meno semplice di come la si voglia descrivere con semplici battute. Alcuni degli strumenti più efficaci di lotta all’evasione sono stati inventati proprio da Tremonti, per lungo tempo numero due di Forza Italia. Sempre da quel versante inoltre, gli unici due consistenti tentativi di far rientrare capitali dall’estero, a cui si aggiunge oggi il nuovo scudo fiscale.

Gli evasori

Il dovere di pagare le tasse spetta a ciascun cittadino o ditta in ragione del reddito prodotto o delle merci e servizi scambiati. Questi soldi vanno ad alimentare le entrate che sono destinate alla gestione della cosa pubblica. Ai politici, agli amministratori dello Stato, degli enti locali e delle aziende pubbliche, il dovere di gestire il tutto in termini di efficacia, efficienza ed economicità.
Scegliere di non pagare le tasse perché si è convinti che lo Stato sprechi i nostri soldi, è sempre, e con ogni evidenza, una patetica scusa. Lo è anche prendere a pretesto la notevole complessità del sistema fiscale italiano per evadere. Il fatto che si tratti di scuse è chiaramente denunciato dall’estrema sfrontatezza degli evasori totali. Con la massima faccia tosta sfidano ed offendono le persone rette, che a costo di non pochi sacrifici danno il loro contributo anche per loro.
Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate, braccio operativo del ministero delle finanze, ha messo a punto metodologie sempre più perfezionate per scovare gli evasori, mediante incrocio tra dati anche diversissimi. Per questo è sempre più difficile nascondere i capitali. Di conseguenza torna di moda l’esportazione dei soldi all’estero. Sono questi gli stessi capitali che il governo in carica vorrebbe riportare in patria, con il nuovo scudo fiscale.



Esportazione di capitali all’estero
Perché esportare i capitali all’estero? Per due motivi: per non pagarci le tasse come IVA, IRES ed IRAP o per nascondere guadagni illeciti. Il professionista evasore, ad esempio, che incassa la parcella ma non fa quasi mai la fattura, sa bene che depositare questi soldi in Italia, anche con l’aiuto di un prestanome, comporta il rischio di farli trovare all’Agenzia delle Entrate. Molto meglio impacchettarli e spedirli all’estero, magari su conti cifrati ed anonimi. In altri casi, si esportano semplicemente soldi, in paesi che hanno un minor prelievo fiscale sui guadagni di borsa o sui conti di deposito.
La Legge non vieta assolutamente di esportare i soldi all’estero. Obbliga però chiunque lo faccia per importi di almeno €10.000,00 in un anno, a segnalarlo al Fisco. In questo modo si controllano i flussi di capitale e di conseguenza si rende più difficile nascondere il frutto di attività illegali o fonte di evasione. Anche i guadagni di natura finanziaria come gli interessi bancari prodotti all’estero, se non sono già tassati alla fonte nel paese di deposito, compongono il reddito imponibile del soggetto residente in Italia.
La materia è estremamente vasta e difficile per chi non abbia molta dimestichezza con azioni, depositi, proprietà immobiliari all‘estero, società con sede fuori dell’Italia. In tutti questi casi, un cittadino che alcuni definirebbero furbo ed io direi disonesto, può trovare il modo di mascherare le cose e sottrarsi al suo dovere di contribuire alla vita della nazione anche con le tasse.

Lo Scudo fiscale 2009
La recente operazione detta dello scudo fiscale, approvata con il sofferto Decreto Legge n° 78 di luglio 2009, si pone l’obiettivo di far rimpatriare gran parte dei capitali illecitamente trasferiti o detenuti fuori i confini. La parola “scudo” rappresenta la protezione che lo Stato garantisce a chi rimpatria o regolarizza le sue rendite nascoste all’estero. La norma prevede una dichiarazione in forma anonima, fatta tramite un intermediario, che potrà essere utilizzata come “scudo” di fronte ad eventuali accertamenti dell’Agenzia delle Entrate. Chi usa questa possibilità, potrà disporre del suo capitale alla luce del sole, pagando solo il 5% del totale, guadagnando anche l‘impunità penale per i reati di dichiarazione omessa od infedele. Chi non lo facesse, rischia un accertamento fiscale pari a circa 20 volte quanto avrebbe potuto pagare grazie alla nuova norma. L’anonimato non salverebbe in teoria dal dovere degli intermediari di ottemperare agli obblighi legati alla normativa antiriciclaggio. Tuttavia una norma “opportunamente” aggiustata già nel 2001, stabilisce che queste operazioni “non costituiscono di per se elemento sufficiente ai fini della valutazione dei profili di sospetto”. Una comoda scappatoia per alcuni intermediari non troppo schizzinosi, che volessero accontentare clienti remunerativi, ma decisamente poco onesti.

Decisamente poco fiscale
Non si tratta di una ricetta originale. Sembra anzi essere un elemento abituale dell’impostazione economica della coppia Berlusconi-Tremonti. I due lo avevano proposto una prima volta nel 2001, prorogandolo nel 2002 e riproponendolo nuovamente nel 2003. Il periodo di sostanziale ripresa economica seguito fino al 2006, ha reso probabilmente inutile ricorrere a tale strumento. La versione 2009 dello scudo, è in parte meno premiante per gli evasori, e si inserisce nel quadro di lotta ai paradisi fiscali che nasce dagli impegni presi in sede di G8 allargato.
Il dubbio tuttavia è che ci sia decisamente poca fantasia e capacità, nel saper manovrare le leve dell’economia. Ci sarebbe da districare norme fiscali e previdenziali contorte, per facilitare l’onestà dei contribuenti. Ci sarebbe da creare le condizioni per la nascita di nuove imprese. Ci sarebbe da detassare le riqualificazioni industriali e la formazione di imprenditori e lavoratori. Invece si complicano sempre più le norme fiscali, lasciando agli evasori la loro più gettonata scusa per non pagare le tasse. Non si fa nulla per creare nuove imprese, non generando di fatto nuova concorrenza agli imprenditori attuali.
Sembra una politica più adatta ad una matura classe agiata che vuole godersi in pace gli ultimi anni, piuttosto che ad una classe di imprenditori emergenti. E’ una politica che guarda le piccole cose del passato e non getta lo sguardo avanti a se, oltre i limiti, pur ampi, dei giardini di Villa Certosa.
Nello scudo fiscale, la garanzia dell’anonimato per l’evasore, ha in se elementi di profonda ingiustizia. Anche ammettendo che l’impunità è funzionale al rientro ed all’emersione di capitali utili in questo periodo di crisi, tuttavia è impossibile guardare in faccia gli evasori. La cosa sarebbe stata importante sia sotto l’aspetto civile, che pratico. Molti “onesti cittadini” avrebbero dovuto calare la maschera, rivelando la loro reale natura. Inoltre il fisco avrebbe giustamente potuto tener d’occhio per qualche tempo i loro affari, assicurandosi che l’adesione allo scudo, rappresentasse un cambio di rotta e non un’ulteriore opportunità offerta ai soliti furbetti.
Il nuovo scudo fiscale segue gli accordi di principio, che i principali paesi sviluppati del mondo hanno definito, in tema di lotta ai paradisi fiscali. Le strategie di rientro dei capitali accomunano il nostro paese ad altri come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, la Germania. Nei primi due lo scudo, detto “disclosure”, non prevede alcuna forma di anonimato ed impone il pagamento di sanzioni ed interessi in forma completa. Il vantaggio per l’evasore ravveduto, non è di natura economica, ma il poter evitare le sanzioni penali. Ci sarebbe spazio per una critica alla manovra del Governo nostrano, se non fosse che in Italia le sanzioni e gli interessi legati all’accertamento di questi illeciti, potrebbero comportare un esborso ben maggiore dell’intero importo da rimpatriare.

La morale è sempre quella…
La sostanza finale rimane sempre la stessa: nel nostro paese i furbi e i disonesti la fanno sempre franca. Il fatto che i governi si adoperino per non far patire a loro troppi problemi, di fronte ad opposizioni al limite della condiscendenza, la dice lunga. Le famiglie oneste che contano i soldi dell’ultima busta paga, sperando che la crisi non gli tolga dalle mani le successive, non si pongono certo problemi di rimpatrio di capitali. Continuano magari a non chiedere le fatture, cercando così quel sollievo economico che evidentemente un Governo interessato ad altri, non ha tempo di dare loro. Il Governo dell’economia e della fiscalità di un paese vuole forza, competenza e chiarezza. Vuole soprattutto giustizia sociale e senso civile. Tutte cose che lascio giudicare ai lettori, guardando a quanto accade da anni in Italia. A quando uno scudo per i più deboli, contro la corruzione e la prepotenza?

1 commento:

  1. ciao Edoardo,

    complimenti per l'articolo: e' un'analisi organica, competente e dettagliata che condivido, come avrai avuto modo di leggere dal post che ho scritto sul mio blog (http://sullozero.myblog.it).

    Anch'io mi pongo le tue stesse domande. Forse a molti cittadini manca la consapevolezza di quanto succede, di norme come questa.

    ciao
    sullozero

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dal Blog LEXCIVILIS di Edoardo Capulli